Posa in opera: analisi agli infrarossi
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Posa in opera: analisi agli infrarossi

Angelo Polenta

Laboratorio Tecnologico LegnoLegno

Quando il calore si muove, sceglie le strade più brevi e più comode. E cosa c’è di più comodo, ad esempio, di un materiale che conduce molto bene il calore?


Come già analizzato in recenti trattazioni, la pubblicazione della norma UNI 11673 – parte 4 “Posa in opera di serramenti: requisiti e criteri di verifica dell’esecuzione” del marzo 2021 ha posto le linee guida per la conduzione dei test “in situ” sui serramenti, ovvero sulla verifica delle prestazioni reali e cioè a posa realizzata.


Ciò ha consentito non solo di completare un ciclo normativo, ma soprattutto di tradurre in aspetti pratici le verifiche fin qui solo di natura progettuale.

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Uno dei capisaldi della norma è senza dubbio il requisito 4.1 “Isolamento termico”: in tale sezione della norma sono sviscerati gli aspetti relativi all’utilizzo della tecnologia dell’analisi termografica ad infrarossi (“TT” ovvero “Thermographic Testing”) ai fini del rilevamento di eventuali irregolarità termiche nel caso specifico dei serramenti, con particolare riferimento alle problematiche che possono insorgere dalla posa in opera degli stessi.

In altre parole, tale tecnologia consente di individuare quelle anomalie genericamente definite come “ponti termici”, nei casi in cui tali difetti comportino, nel breve termine, scarse performance del sistema serramento e, nel lungo periodo, anche danni più rilevanti.


Senza entrare nel merito delle teorie della termodinamica, è comunque corretto definire il calore come “energia in transito”; tale transito non avviene in maniera casuale, ma secondo precise leggi fisiche.


Tale materiale diventa quindi un favorevole ponte di passaggio per il calore: un “ponte termico”, appunto.

A questo punto però sorge un problema: immaginiamo di osservare un muro all’interno di una abitazione.


Tale parete presenterà, sulla sua superficie, una serie infinita di temperature differenti, talora anche con differenze molto significative tra un punto e un altro.

Ma, purtroppo, l’occhio umano non riesce a cogliere queste differenze. Certo, si potrebbe utilizzare un termometro, sia esso da contatto o no, ed effettuare una serie infinita di misure punto per punto sulla parete… scelta alquanto disagevole. Oppure, per rilevare cosa è più caldo e cosa è più freddo, ovvero per individuare eventuali difetti che evidenzino la presenza di ponti termici, è possibile utilizzare una tecnologia in grado di sopperire alla mancanza di questa capacità del nostro occhio.


Tale tecnologia è quella dell’infrarossi: con l’utilizzo di apposite macchine dette “termocamere” è possibile analizzare un oggetto, o un sistema più complesso, sulla base della sua temperatura. Semplificando, usare una termocamera è come avere un occhio che non osserva più secondo la luce, ma secondo il calore.


Dietro queste opportune semplificazioni vi sono però, come è facile immaginare, teorie molto complesse, le quali si traducono anche in una costante evoluzione sul mercato delle strumentazioni che su tali teorie si basano.


Tale complessità si riflette in due aspetti di enorme importanza.

Il primo è la necessità di conoscere e distinguere sul mercato prodotti molto diversi. Il range di prezzo, e quindi di livello di performance di tali macchine, è estremamente ampio. Si passa da alcune centinaia di euro ad alcune decine di migliaia. È indiscutibile quindi che ci si può imbattere in oggetti profondamente diversi per i quali una comparazione ha senso solo a determinate condizioni.


Il secondo, se vogliamo conseguente al primo e sicuramente più rilevante, è la capacità dell’operatore che esegue il test. La norma richiede infatti che la conduzione di un test termografico per la verifica della prestazione termica della posa in opera dei serramenti sia eseguita da personale certificato secondo una norma internazionale (ISO 9712 “Prove non distruttive – Qualificazione e certificazione del personale addetto alle prove non distruttive” per verifiche termografiche con metodo dell’infrarossi).


Pertanto, alle sempre più frequenti domande del tipo: “Nella mia casa è stata fatta una termografia e si vedono parti fredde intorno al serramento. Come mai? La posa è stata quindi eseguita in modo non corretto?”.


La primissima cosa da fare è verificare le competenze di chi ha eseguito il test e qual è lo strumento che è stato utilizzato. Non sono rari, infatti, i casi in cui molti contesti di verifica possono indurre in errori talora anche grossolani, e tali “abbagli” possono vedere protagonisti anche operatori molto esperti.


Alla luce di questo, è necessaria una attenta attività di “post produzione” in maniera del tutto analoga a quello che avviene nell’ambito della fotografia.

Ma attenzione: alcuni dei parametri su cui si basa il test risultano immodificabili una volta acquisiti.


Pertanto, non tutto può essere oggetto di successiva elaborazione, e ciò rende ancora più necessario che il test sia eseguito da personale formato.


Come si prepara il sito che deve essere oggetto di test termografico? Quali requisiti deve avere affinché restituisca misure significative?


Abbiamo detto che il calore è energia in continuo movimento. Ma perché questo movimento avvenga, c’è bisogno che vi sia uno “squilibrio” tra qualcosa di caldo e qualcosa di freddo. Ancora una volta col beneficio della semplificazione, se pongo a contatto due corpi che hanno la stessa temperatura, tra di loro non si innescherà alcun flusso di calore in quanto i due corpi si trovano in condizione di equilibrio termico.


Non appena questa condizione cambia, il calore si muoverà spontaneamente dal corpo più caldo a quello più freddo.


Ecco che allora, per verificare il sistema di posa di un serramento e l’eventuale presenza di ponti termici, è necessario che la misura avvenga quando il calore è in movimento, e tale condizione si ottiene quando la temperatura interna e quella esterna differiscono. Più la differenza tra le due è significativa, più tale movimento di calore sarà rilevante. Per questo motivo, la norma indica una differenza minima di temperatura tra l’interno e l’esterno dell’involucro oggetto di test termografico.


Ne consegue che, al fine di ottenere dei “buoni” termogrammi, è prassi che i test termografici vengano condotti nel periodo invernale quando, all’esterno, le temperature si mantengono al di sotto di determinati valori. Inducendo artificialmente all’interno temperature relativamente elevate attraverso l’impianto di riscaldamento, se presente, o qualsiasi altra macchina in grado di produrre calore, si genera quella significativa differenza di temperatura interno/esterno che innesca il regime di moto del calore.


Altro fattore di non poco conto è il tipo di moto che viene innescato. Le verifiche infatti restituiranno dei termogrammi tanto più efficaci quanto più lo scambio di energia tra interno ed esterno avviene in maniera regolare. Per questo motivo è opportuno iniziare a riscaldare l’ambiente interno abbondantemente prima dell’orario in cui è previsto il test termografico: in questo modo si libera il campo da ogni affezione dovuta alla transitorietà del regime ed il test termografico sarà così effettuato quando il moto del calore avverrà in un modo che, con buona approssimazione, è possibile definire “stazionario”.


Le competenze e l’esperienza sono fondamentali anche per distinguere la “tipologia” di ponte termico il quale, come si sottolinea negli eventi formativi sull’argomento, non è necessariamente connesso all’intrinseca natura dei materiali, più o meno conduttivi rispetto al calore.

Una difformità termica di un elemento, o parte di esso, può ricondursi infatti ad altre cause quali geometria, spessore o interazione tra materiali differenti. In tutti i casi, il termogramma mostra una “macchia” fredda senza che all’interno dell’involucro sia stata indotta alcuna pressione: in altre parole, vi è qualcosa che fa da ponte per il calore anche se non è presente alcun moto convettivo.


Viceversa, un ulteriore utilizzo della tecnologia ad infrarossi è quello in cui la termocamera viene utilizzata proprio in presenza di moti convettivi indotti, come accade per esempio quando si utilizza un “Blower door test”.

Tale apparato di prova consente di innescare una depressione artificiale all’interno dell’involucro, consentendo quindi all’aria esterna di permeare verso l’interno attraverso ogni “punto debole” del sistema.


Essendo l’aria esterna significativamente più fredda di quella interna, è evidente che se tali “debolezze” riguardano la posa del serramento, dal termogramma saranno visibili le infiltrazioni d’aria come zone fredde.


A differenza di quanto precedentemente descritto, in questi casi il ponte termico è strettamente connesso alla depressione indotta e va quindi sotto il nome di “ponte termico convettivo”. Anche dal punto di vista strettamente visivo, la “zona fredda” assume una conformazione diversa presentandosi più come “fiamma” che come “macchia”.

Ciò è banalmente causato dallo spiffero d’aria esterna che, laddove si infiltra, lascia un segno freddo molto ben individuabile.


L’analisi agli infrarossi ci dimostra che le tecnologie avanzano e questo significa che il serramentista ha sempre meno possibilità di errore. Come sempre, un ruolo fondamentale e complementare lo rivestono le norme, in quanto rappresentano la garanzia che queste tecnologie vengano utilizzate in modo rigoroso e non arbitrario. Sono tutti fattori che portano ad un’unica conclusione: l’asticella del nostro settore, con particolare riferimento alla posa, si sta spostando verso l’alto.


E siamo solo all’inizio.



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