Dal Superbonus alle Superinsolvenze
La normativa: crediti d’imposta come nuova forma di moneta
Con il Superbonus 110% i crediti fiscali hanno cambiato funzione.
Da semplice detrazione fiscale sono diventati una vera e propria forma di pagamento delle opere edili (non a caso si parla di “sconto in fattura”). Si tratta però di una moneta rimessa all’andamento del mercato, non solo perché, con la cessione, assume un valore diverso rispetto al reale ammontare delle opere effettivamente svolte, ma anche perché per essere ceduta deve trovare acquirenti.
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Gli effetti sul settore edile: il trasferimento degli oneri finanziari sulle imprese appaltatrici
Attraverso lo sconto in fattura, tali crediti sono stati in larga parte ceduti alle imprese appaltatrici. Da un lato, i committenti hanno potuto beneficiare dei lavori con un impatto finanziario modesto se non nullo; dall’altro, gli appaltatori si sono fatti carico della componente finanziaria delle opere, facendo fede alla ragionevole aspettativa di riuscire a cedere i crediti d’imposta.
In questi casi, anche se ci si trova innanzi ad aziende con adeguata redditività e patrimonializzazione, sino all’avvenuta cessione si crea una situazione per cui ai crediti fiscali corrispondono, specularmente,
debiti, soprattutto verso i fornitori, ai quali è possibile far fronte solo se si dispone di sufficiente liquidità.
Non a caso, negli ultimi anni le sorti dell’edilizia sembravano dipendere dallo “sblocco” dei crediti fiscali.
Il passo indietro del Legislatore: il blocco dei crediti fiscali
Sennonché, è avvenuto proprio il contrario. Vuoi per la normativa che si è succeduta, la quale ha ristretto sempre più le maglie per la cessione; vuoi perché la prospettiva dello sconto in fattura è stata, almeno sulla carta, così allettante da determinare un eccesso di richieste che ha in breve saturato il mercato.
Dal blocco dei crediti fiscali si è così arrivati al blocco dei cantieri.
Lo scenario attuale e futuro: contenziosi in arrivo e ritorno delle insolvenze?
Il fermo dei lavori, specie in assenza di idonee clausole contrattuali, ha già avuto come effetto quello di alimentare i contenziosi tra committenti e imprese appaltatrici per inadempimento contrattuale di queste ultime.
Danno per perdita di chance
Le prime sentenze, laddove i lavori non siano iniziati o terminati tempestivamente per fatto imputabile all’appaltatore, stabiliscono che questi debba risarcire ai committenti il danno consistente nella differenza tra il risparmio fiscale astrattamente usufruibile godendo del superbonus al 110% e il minore risparmio fiscale usufruibile godendo del bonus ristrutturazioni. Il committente può poi sempre decidere se insistere per l’adempimento o chiedere la risoluzione del contratto, fermo il diritto al risarcimento del danno.
A compimento di questo quadro si aggiungono altri due fattori:
a. la costituzione di imprese create ad hoc per il 110%, spesso scarsamente patrimonializzate e incapaci di pagare i propri fornitori o subappaltatori;
b. la presenza di contratti spesso carenti quanto alla disciplina del mancato o solo ridotto godimento dei benefici fiscali, o viceversa che prevedono penali esorbitanti in caso di ritardo dell’appaltatore.
Considerata pure la situazione economica contingente, siamo innanzi alla tempesta perfetta per una dirompente ripresa degli insoluti.
Come tutelarsi?
1.
La prima cosa da fare è quella di prevenire gli insoluti
Il principale strumento è rappresentato dal contratto che, laddove sottoscritto o anche espressamente accettato via mail, ha forza di legge tra le parti.
Sarà doveroso effettuare una checklist dei propri modelli contrattuali e assicurarsi che:
1) il prezzo sia indicato precisamente, non solo per la fornitura principale ma anche per tutte le varianti, inserendo pure clausole di revisione dei prezzi legate, ad esempio, all’aumento delle materie prime;
2) il pagamento avvenga tramite più acconti, di cui il primo, sostanziale, alla conferma d’ordine;
3) siano indicati chiaramente modalità e termini di pagamento;
4) sia previsto il diritto di sospensione della fornitura in caso di mancato incasso;
5) vi siano clausole di accettazione automatica dell’opera decorso un determinato numero di giorni dalla fornitura, onde evitare contestazioni pretestuose volte appunto a ritardare i pagamenti.
ATTENZIONE!
Il contratto, per il diritto, è sinonimo di “accordo” nel linguaggio comune, da intendersi come incontro tra proposta/accettazione. Vale a dire che occorre poter dimostrare l’accettazione della proposta.
Un modello contrattuale di 30 pagine, privo di accettazione del committente, a nulla vale. Un preventivo – posto che il codice civile nemmeno conosce il termine “preventivo” – dotato degli elementi essenziali come il prezzo e l’oggetto della fornitura, se accettato dal committente, è un contratto in piena regola, seppur limitatamente ai soli aspetti che disciplina.
La forma scritta non è strettamente necessaria per la validità del contratto, ma consente di darne prova. Questo anche al fine di ottenere un decreto ingiuntivo in caso di mancato pagamento. Oltre alla sottoscrizione fisica, ancor più certo è lo scambio di PEC (meglio: l’accettazione del committente ricevuta via pec) o la sottoscrizione digitale; anche lo scambio di semplici mail è di fatto assimilato alla prova scritta, mentre qualche problema in più è dato dagli sms o dagli scambi tramite applicazioni di messaggistica, che si consiglia di evitare.
2.
Analisi dei clienti
(da effettuarsi prima della stipulazione del contratto, non al verificarsi dell’insoluto)
Un’altra tutela per prevenire gli insoluti è l’analisi dei potenziali
clienti. L’avvalersi di professionisti è senz’altro la
cosa migliore, ma molto può essere fatto direttamente
dall’Azienda.
Essenziale è la valutazione della natura giuridica del
cliente.
Ai sensi dell’art. 2740 del codice civile, il debitore
risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni
presenti e futuri.
Ma i clienti, in punto di diritto, sono tutti uguali?
Il discorso sarebbe molto articolato. In linea di massima
approssimazione, il committente:
- se è un privato, risponderà con tutto il suo patrimonio, a partire dall’immobile oggetto di intervento e da eventuali conti correnti, passando per la propria auto o il 1/5 dello stipendio, sino alla propria pensione o eredità quali beni futuri;
- se è una impresa individuale o una società di persone (ad es.: s.n.c.) risponderà sia con il patrimonio dell’azienda
- a partire dai “beni futuri” rappresentati dai crediti nei confronti dei propri clienti – sia in proprio come socio/persona fisica;
- se è una società di capitali (ad es.: s.r.l. o s.p.a.) a rispondere sarà soltanto la società con il relativo patrimonio, non quello dei soci né degli amministratori.
Occorrerà pertanto sincerarsi che tale società sia patrimonializzata e tener conto che se dovesse cessare o fallire non ci si potrà rivalere sui patrimoni dei soci. Naturalmente, è necessario che, dei beni, vi siano. Con delle semplici visure, al costo di poche decine di euro, tramite il codice fiscale del committente è possibile appurare la presenza di immobili, eventuali ipoteche o gravami sugli stessi, nonché visionare i bilanci delle società di capitali.
Al di là di queste nozioni, un importante “stress test”, che a nostra volta operiamo anche con i nostri clienti, è quello di prevedere nei contratti degli acconti il più possibile sostanziosi. Il saldo immediato di un acconto importante è, ad un tempo, l’indice fondamentale per testare la solidità di un cliente e il miglior modo per limitare la portata degli insoluti.
Tutto questo conviene farlo prima di effettuare una fornitura. Appurare che il cliente non è solvibile a riba respinta sarebbe soltanto un’amara sorpresa.
3.
Efficiente gestione del credito
Prima dell’intervento del legale, l’Azienda può (e deve) fare molto.
Anzitutto, un imperativo è quello di agire con tempestività e fermezza. Il che non significa inseguire il debitore con una serie infinita di telefonate.
Vero è che i crediti commerciali si prescrivono in 10 anni, ma l’ordinamento richiede la certezza della ricezione del sollecito. Al bando, quindi, telefonate e solleciti via sms. La richiesta di pagamento, per avere valenza giuridica, deve essere effettuata tramite una diffida scritta e inviata via raccomandata A/R o PEC (la cui ricevuta di consegna ha il medesimo valore della raccomandata A/R), che si consiglia però sempre di anticipare tramite semplici mail.
La diffida deve contenere:
– l’indicazione precisa del credito;
– l’indicazione del contratto di riferimento nonché delle fatture emesse;
– il termine entro il quale adempiere (solitamente 7 giorni);
-l’avvertimento che, in mancanza di saldo, si darà affiderà la pratica al legale per il recupero coattivo;
null’altro.
Sarà bene che la diffida sia sintetica.
E’ difatti importante astenersi per quanto possibile dall’intessere corrispondenza scritta con il debitore, specie in presenza di contestazioni pretestuose.
Ricordiamoci che quanto si scrive non potrà essere usato a proprio favore in tribunale poiché proviene dalla medesima parte che ne vuole beneficiare; viceversa, tutto quanto il serramentista metterà per iscritto, anche via mail, potrà essere usato contro di lui.
Il modo migliore per far perdere il sonno ai propri avvocati è quello di presentarsi con prolissi scambi di mail o interminabili sms nei quali si entra nel merito di contestazioni, concessioni di dilazioni di pagamento che impediscono al creditore di agire nell’immediato, ridondanti spiegazioni. Tutto materiale che potrà esclusivamente essere usato contro di noi.
Da questo principio deriva però, specularmente, l’importanza di ottenere riconoscimenti scritti del debito.
(attenzione: anche una semplice richiesta di dilazione del
pagamento o una ammissione di non avere, al momento,
denari, è un chiaro riconoscimento dell’insoluto, nella
misura in cui lo presuppone, come tale valevole in
tribunale).
Si comprenderà ora perché anticipare via semplice mail ogni diffida di pagamento non è soltanto una questione di garbo, ma è il modo migliore per stimolare un’ammissione del debito, magari attraverso una richiesta di dilazione del pagamento.
Perché è importante ottenere un riconoscimento scritto del debito, anche nelle forme di una semplice richiesta di dilazione di pagamento effettuata via mail?
Il riconoscimento del debito fatto per iscritto dal cliente inadempiente consente, nella maggior parte dei casi, di ottenere un’ingiunzione di pagamento munita della provvisoria esecuzione. Ciò significa che, ottenuto il decreto ingiuntivo dal tribunale, si potrà procedere subito alla fase esecutiva, mettendo quindi il debitore nelle condizioni di subire, entro solitamente dieci giorni e, comunque, in un brevissimo lasso temporale, un pignoramento e procedure espropriative.
Gestire in maniera efficiente il credito significa pertanto da un lato risparmiare tempi e spese legali; dall’altro spianare la strada ai propri avvocati per un recupero più rapido, meno dispendioso e con minori rischi.
Proprio la rapidità di azione, in tempi difficili, rappresenta il vero discrimine tra il concreto recupero di quanto dovuto e l’iscrizione di una perdita in bilancio.
AVV. SIMONE FRANZONI
Studio Legale Associato Franzoni Dittamo
già Professore a contratto di Diritto delle
Comunicazioni – Dipartimento di Giurisprudenza
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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